Come è andata a Bologna? Benone. Se volessimo fare un riassunto breve della giornata di incontro, confronto, formazione organizzata da Ti Candido nel capoluogo emiliano potremmo finire qui. Ma forse vale la pena di spendere un po’ di righe in più.

La giornata era un incontro tra il comitato promotore di Ti Candido, qualche fiancheggiatore e i candidati che hanno avanzato la loro richiesta di sostegno per la loro campagna elettorale – quelli che per ragioni di tempo e risorse potevano esserci.

Su circa 30 auto candidature e segnalazioni arrivate, erano in tutto una decina, da capoluoghi di provincia, centri urbani e piccole realtà da Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche e Veneto. Candidati sindaci, assessori uscenti, prime candidature. Liste civiche, Pd e di sinistra, ambientaliste, apparentate con il centrosinistra o in competizione con questo.

E questa è una prima sfida per un progetto come quello di TiCandido: sostenere progetti coerenti con il proprio manifesto, candidature che abbiano la possibilità di farcela o di ottenere buoni risultati in un campo che è frazionato, frammentato, talvolta in competizione al suo interno, talvolta no.

Fare delle scommesse e puntare anche su delle candidature forti, capaci di fare la differenza in quanto a temi proposti, idee.

La seconda (ma forse è la prima) sfida è quella ricordata da Michele d’Alena: far crescere un progetto che parte chiedendo soldi per candidati che non si conoscono ancora e che non vivono sul tuo territorio, creare una rete di competenze, connettere esperienze interessanti. Creare, insomma, una “rete del dopo” questa fase ultra artigianale di lancio.

Per dare loro idee, una pista su cui lavorare e anche – perché no – incoraggiarli e capire che “si può fare” (o se preferite “si se puede”, “yes we can”) la mattina prevedeva una presentazione dei candidati stessi e tre relazioni di Giovanni Caudo, Presidente III Municipio, Comune di Roma, Nicola Rampazzo, consigliere comunale di Coalizione Civica Padova e Claudia Bergonzi, Comitato Insieme senza muri – Coordinamento comunicazione People – Prima le persone (ovvero il gruppo di persone che ha portato 200mila persone a Milano qualche settimana fa). Tre esperienze di successo, di partecipazione attiva, di costruzione di campagne con un forte radicamento e cresciute grazie al sostegno e la partecipazione delle persone. Cosa hanno detto, in estrema sintesi le tre relazioni/presentazioni dei nostri casi di studio? Detto per punti, e dunque asciugando la ricchezza del racconto e le sfumature importanti di tre belle vicende politiche locali e nazionali:

Conoscere società e territorio è utile e necessario (e a fine giornata TiCandido ha distribuito ai candidati una scheda con una serie di indicatori di base).

Costruzione di un rapporto di fiducia con i cittadini: che significa camminare, dialogare, ascoltare le minuzie, raccogliere istanze e non distribuire molti volantini, riempire spazi chiusi (e magari di lista o di partito).

Intercettare persone nuove, sia sostenitori e volontari potenziali, che elettori potenziali è uno degli aspetti su cui tutti hanno insistito: l’idea che ci sia un campo delimitato e mobilitando quello si ottiene un successo (un’idea diffusa) vale forse per il maggioritario secco e per le elezioni nazionali. Non per il livello locale, non per i singoli candidati privi di pacchetti di voti.

Utilizzare i social network come strumento di connessione con la campagna che si fa per strada e non come suo sostituto. @AOC rules: sono le scarpe consumate incontrando gente per strada e postate su Instagram a funzionare. Il discorso sui social network si può volgere anche per i temi e il linguaggio: non tutto quello che sembra avere ascolto, fare notizia, fare rumore sui social è quel che preme alle persone. Se hai temi forti e collegati alle realtà territoriali puoi usare il tuo linguaggio, non devi assecondare le ondate emotive (un esempio: Macerata e il clamore attorno a Traini e all’antifascismo ecc. non hanno spostato un voto; la Libia di Minniti non ha spostato un voto).

Sapere che nel contesto locale i grandi temi vanno volti al quotidiano, perché così si hanno più speranza di intercettare anche un voto non strutturato/ideologizzato (il cambiamento climatico e i pannelli solari di quella scuola; la giustizia sociale e quel caseggiato; il diritto al lavoro e quella vertenza locale).

Costruire e curare la partecipazione dei tuoi sostenitori/affiliati (le cose cambiano se parliamo di liste/candidature a sindaco ecc.), prendere decisioni condivise e cedere potere (“non uscirei di casa la sera per andare a un’assemblea dove si discute cosa fare su un tema X se sapessi che, in fondo, l’esito è predeterminato” ha detto Rampazzo). Come? Gruppi tematici/territoriali/crowdfunding/capacità di esserci quando si aprono crisi, questioni, domande locali.
La campagna elettorale in senso stretto è un’altra cosa: qui vale l’organizzazione “militare”, le decisioni importanti si prendono prima.

Di comunicazione ha parlato anche Christopher Cepernich. In pillole: conoscere e raccogliere dati sugli elettori (negli Usa la cosa ha dei livelli di dettaglio pazzeschi anche per le campagne locali). sapere a chi parli, determinante per ragionare sul come parli. Utilizzo diffuso degli spazi privati (case, piccoli gruppi, ecc.) come strumento per ampliare la tua capacità di comunicazione. Ricordare che nella epoca nella quale siamo immersi, la tua comunicazione non deve essere generalista, non si deve vedere ovunque. E che c’è uno scambio online/offline: le cose che fai, la comunicazione che produci dovrebbe essere utilizzabile in qualche forma in ciascun canale, ambito. Avere sui social altri che “lavorano per te” è molto importante: non sei più tu che vendi il prodotto, ma altri che ti sostengono (cfr. Bernie Sanders 2016 e il fiorire di iniziative, digitali e non, attorno a quella campagna e, oggi, Beto O’Rourke).

Dette tutte queste cose, e dopo un pasto frugale come si conviene alle imprese ardimentose (cfr Fascisti su Marte), i candidati hanno posto le loro domande.

Di cosa hanno bisogno? Perché ne hanno bisogno? Come si sintetizzano 20 pagine di proposte? Come si coinvolgono volontari? Come si fa la regia di una campagna sapendo che il candidato stesso non ha il tempo nemmeno per respirare?

Poi, una serie di brevissime introduzioni ai temi/tasks che una campagna elettorale chiede ai candidati. Come si parla in pubblico e come si impara a farlo? Come si attiva una comunità, come si costruisce un database dei sostenitori e perché è utile? Come, cosa è utile sapere del territorio nel quale ci si candida?

Per finire chiacchiere a gruppi tra candidati, gruppo di TiCandido e fiancheggiatori utile a approfondire temi, conoscersi ecc.

La fase successiva? La valutazione delle candidature, che tutte non potranno essere raccolte, perché il gruppo di lavoro e le risorse sono limitate, come il tempo a disposizione per questa prima prova. Sapendo che quello del maggio 2019 è un campo di prova, un progetto pilota da valutare, correggere e rilanciare in futuro.

L’articolo è a firma di Martino Mazzonis.